Questo è il mio luogo del cuore in Veneto. Per due volte sono stata al suo cospetto e come un cavaliere davanti al suo re, mi sono inginocchiata sentendomi infinitamente minuscola.

Lui, che ha superato tempeste, distruzioni e malumori solo restando immobile. Lui, che ha visto così tanto e così tanto ha da dire, ma muto risponde ad ogni domanda che sapremo porgli segretamente nello stesso silenzio con cui ci risponde. Non so se troverò mai le parole per spiegare che cosa significhi per me fargli un po’ di compagnia, sedermi su quella panchina ed osservarlo prendere vita solo per me, nei miei pensieri, nella mia instancabile immaginazione. E non so nemmeno per quanto tempo io sia rimasta così, ad assaporare tutto quello che aveva da trasmettermi in uno scambio alla pari, come se fosse mio amico, mio fratello, una parte di me. Si può restare in piedi attraversando anni ed anni di incertezza senza mai vacillare? Si può essere così infinitamente soli e risplendere di una luce imperfetta chiamata malinconia? Si può essere immersi nella nebbia, nel buio, baciati dal sole o sferzati dal vento facendosi forse qualche graffio ed essere ancora pronti a donare bellezza a chi ci guarda?

Non ho mai capito se sia un dono riuscire a vedere quello che non si vede o a sentire le parole che restano incastrate dentro e non escono oppure ancora a trovare qualcosa di cui si ignorava l’esistenza. Non ho nemmeno compreso come mai chi ci riesce viene considerato un folle da chi vede solo quello che si vede. Però te lo giuro, se esiste la magia io qui l’ho vissuta mentre facevo compagnia a questo pezzo di storia. È un incantesimo che dura nel tempo, anche mentre scrivo torno lì e danzo con la mente e il mio campanile, che con le sue parti scrostate mi assomiglia tanto. È fatto di quell’imperfetta sensibilità che nell’aria si disperde per toccare solo le anime affini, è composto di quella forza che ti permette di stare in piedi qualunque cosa accada, è fatto della solidarietà data dall’empatia che concede di essere attraversati dal dolore dell’altro e, per quanto possa commuovere e smuovere, per un attimo non ti fa sentire solo. È composto di dolcezza e amore, come quello che ho visto negli occhi di due amati seduti poco distanti e avvolti da un abbraccio. Saranno stati loro gli spettatori? O sarà stato lui, il mio campanile solitario capace di incantesimi? Anche questo non lo so, ma una cosa non mi è aliena: appartengo a questo posto più di qualunque altro e non avrei mai pensato di poter appartenere a qualcosa che fosse così a due passi da casa.
– Oriana
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